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«Più di ogni altra cosa c’è una curiosità distaccata che perdura: perché abbiamo combattuto così tanto? Perché siamo stati così crudeli e spietati, così egoisti e divisi, così soli su questa lunga striscia di roccia? Solo ora, troppo tardi, ricordiamo in silenzio le cose che rendono tutti fratelli e sorelle nel sedimento, gusci e ossa con gli stessi carbonati degli altri: squali, cani, rane, lumache, gatti, pecore, cavalli, yak, orche, aquile, ippopotami, rinoceronti, volpi…almeno abbiamo dato loro le nostre parole più belle.»
É la voce di Shaun Tan nell’ultima delle Piccole storie dal centro, una raccolta di brevi racconti che in Italia esce con Tunué sull’onda della pandemia mondiale per esplorare la distanza dell’uomo dalla natura e ricreare un legame con gli animali anche nel cuore delle nostre città, passando spontaneamente dall’assurdo a significati e rivelazioni che hanno perfettamente senso.
«Siamo così impegnati a essere umani tutto il tempo, mentre altri mammiferi, insetti, pesci e uccelli sopravvivono accanto a noi come parenti dimenticati. E anche se potremmo non capire mai la vita di questi altri animali – sarebbe sciocco presumere il contrario – scrivendo e dipingendo storie su di loro potremmo almeno stimolare la nostra immaginazione e arrivare a capire un po ‘di più del nostro io umano. (..) Il pensiero generale che scaturiva da gran parte di questo lavoro era semplicemente questo: gli umani sono animali. È qualcosa che tendiamo a dimenticare, che siamo solo una specie tra molti milioni su questo pianeta. Le nostre leggi e la nostra religione ci dicono che siamo speciali, ma lo siamo davvero?.» spiega l’autore nel prezioso commentario autobiografico all’uscita del libro nel 2018.
Gli umani sono animali: sarà per ricordarci questo che in Francia sono usciti quasi in contemporanea due albi illustrati di grande formato di Bernardette Gervais (Les Grandes Personnes 2020) e Martin Jarrie (Seuil Jeunesse 2020), dove non c’è figura umana e chi guarda, fin dalla prima infanzia, si trova in mezzo ad aironi, broccoli, dalie, fichi, lamponi, limoni, cervi, pere, libellule e tartarughe.
La mano grafica di Bernardette Gervais, in sintonia con il catalogo del suo editore, scompone il mondo, lo taglia in tessere monocromatiche a sfondo piatto su cui fa sfilare frutta, verdura, fiori, animali e insetti, e rimette insieme i pezzi in ordine alfabetico con lettere arancioni maiuscole e minuscole. Dedicato al padre, l’abbecedario è un inno alla vita in tutte le sue forme, all’esplorazione e alla capacità di osservare, conoscere, riconoscere, nominare e dare colore a ciò che incontriamo, come accade nel gioco di relazione tra genitori e figli. La parola traccia la presenza umana e la rimette in sintonia con tutti gli esseri viventi.
La mano di Martin Jarrie è pittorica, i nomi che definiscono frutta, verdura e animali quasi scompaiono a bordo pagina tanto che si sarebbero potuti coraggiosamente toglierli. L’imagier dà corpo a figure a tutta pagina su sfondi decapé, creando associazioni libere di colori e forme dove non è importante la parola, l’ordine e la proporzione ma perdersi in ciò che guardiamo tanto da farne profondamente parte. Diventiamo pettirosso e mela, entriamo nel cuore di un limone e attraversiamo le onde di un cavolo rosso tagliato a metà.
Nemmeno il misterioso scrittore Filelfo ha inizialmente invitato alcun umano a partecipare all’Assemblea degli animali (Einaudi 2020) dove si discute di come affrontare l’emergenza ecologica e salvare la terra. Ma non basta scatenare una pandemia se anche l’uomo non verrà coinvolto nel cambiamento.
«Gli uomini dovrebbero accogliere qualcosa di ogni bestia. L’animale è un cittadino perbene quando vive in natura, è pio, segue la sua via con grande regolarità. Soltanto l’uomo è stravagante. Dovrebbe specchiarsi in noi, nelle nostre immagini, nei nostri comportamenti.»
Dobbiamo recuperare la nostra parte animale per una nuova arca di Noè interiore.
Nei libri possiamo trovare immagini per rispecchiarci in altro da noi.