La prima storia che abbiamo raccontato
Jairo Buitrago, Rafael Yockteng
Terre di Mezzo 2024
“Ugh!” finalmente pubblicato in italiano come “La prima storia che abbiamo raccontato”!!
La prima storia che abbiamo raccontato è stata un disegno, nella pancia di una grotta. In mezzo a giorni di lotta per la sopravvivenza si fanno largo tre scene universali: lo stupore, l’espressione artistica e un abbraccio.
La mano che disegna è bambina: in una newsletter di @internazionale dedicata alla scuola, Anna Franchin raccontava l’anno scorso l’affascinante scoperta archeologica di una gita famigliare verso il mar ligure che ha lasciato tracce di tutta la famiglia. E la studiosa si chiede: “Fino a non troppo tempo fa si studiava il paleolitico superiore, il periodo che va da 40mila a 10mila anni fa, solo in rapporto agli adulti. Ma quegli adulti erano anche madri, padri, zii e nonni. Erano circondati dai bambini: nelle società preistoriche, gli individui con meno di quindici anni rappresentavano circa la metà della popolazione totale (oggi sono circa un quarto). Perché l’infanzia non emerge nella documentazione archeologica?”. La risposta è che, oltre agli ostacoli fisici e al gioco che ha alternato le testimonianze, “i bambini e le bambine non contribuiscano – dal punto di vista politico, culturale o economico – alla società del presente, quante probabilità ci sono che cerchi prove di un loro contributo nelle società del passato?”.
Molti libri illustrati stanno rinnovando l’immagine della preistoria attraverso lo sguardo dei bambini: “La prima storia che abbiamo raccontato” lo fa in bianco e nero, senza parole nel suo sviluppo, aprendo con una dedica speciale e chiudendo con un prologo.
Dal Perù e dalla Colombia, i luoghi di origine dei due autori, fino a Gek Tessaro il bisogno di raccontare un’altra storia è lo stesso.