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«Il Messico è davvero la terra promessa dell’arte astratta. Qui questa pittura è antica, ha più di mille anni. E sopravvive ancora nell’arte popolare.» Josef Albers, lettera ai Kandisnkij, 22 agosto 1936
Nel 1933, dopo che il regime nazista chiuse il Bauhaus, Josef ed Anni Albers si trasferirono in North Carolina per iniziare una nuova esperienza di didattica sperimentale al Black Mountain College. Da lì viaggiarono andata e ritorno verso il Messico alla scoperta dell’arte, dell’architettura e della cultura precolombiane per trent’anni senza mai farne la loro casa: siti archeologici, santuari, paesaggi, luoghi, oggetti e persone vennero ritratti in modo ossessivo, accumulando 5000 fotografie e una grande collezione di statue e ceramiche.
Grazie a un’importantissima mostra del Guggenheim Musuem di New York nel 2017 (Josef Albers in Mexico curata da Lauren Hinkson) questo patrimonio di immagini, rimasto un materiale esclusivamente privato per tutta la vita della coppia, è stato messo in mostra svelando le origini creative di molti soggetti della pittura di Josef e della tessitura Anni.
«Le fotografie documentano il mondo reale: colgono l’essenza dei luoghi, leggono tra le geometrie nascoste, definiscono un vocabolario formale capace di essere prima metabolizzato e poi reinterpretato attraverso gli strumenti dell’arte cari ad Albers: pittura e grafica. Rappresentano le tracce di un’invenzione creativa.
L’immagine fotografica è la restituzione allo sguardo di ciò che è stampato all’interno della realtà, ma riflettendosi nella mente dell’artista produce un salto immaginativo, una deformazione del reale che prende una nuova forma. In questo modo, l’immagine fotografica nel suo accadere è ciò che anticipa lo sguardo artistico, o meglio, che gli attribuisce un nuovo significato. Per questo probabilmente queste immagini portano con sé qualcosa che incanta. Sono al tempo stesso una testimonianza e una sopravvivenza di tracce. Dimostrano come lo sguardo di Albers sia in realtà sempre accompagnato dal movimento. Un movimento che corrisponde con ogni probabilità al modo in cui le immagini entrano dentro di noi che le osserviamo.» Luca Galofaro in Messico 1935/1956, Humboldt Books 2021
Attraverso le fotografie si scopre così che lo spazio pittorico è governato da logiche architettoniche di costruzione e non da principi formali astratti, che tutta l’arte è di fatto radicata nella realtà attraverso il guardare a lungo e attentamente ciò che si sceglie.
Un movimento dello sguardo che ci accompagna fin dalla nascita e che la fotografa americana Tana Hoban ha fatto diventare il cuore della sua ricerca. Tra gli anni Settanta e Novanta più di 100 libri per bambini, soprattutto fotografici, hanno indagato forme, colori, trame e sorprese che la realtà porta con sé, come materia primaria per conoscere l’ambiente che ci circonda e sviluppare un pensiero immaginativo.
Di solito con poco o nessun testo, i suoi albi raccontano gli oggetti della vita quotidiana, a volte con pagine ritagliate che rivelano solo una parte di una fotografia, lasciando ai lettori il compito di indovinare cosa è stato ritratto prima di voltare pagina e vedere il quadro completo. Questo particolare stile di fotografia riflette il punto di vista di un bambino nel guardare il mondo e, nello stesso tempo, esplora la prospettiva che ha attratto gli adulti.
Alla comparsa del suo primo libro nel 1970 (Shapes and things) Publishers Weekly aveva dichiarato con entusiasmo “Ecco una serie di fotografie che apre gli occhi sulla bellezza discreta della forma pura”.
«La Forma è libera. Fugge dalla natura e inventa un mondo che noi chiamiamo astrazione» dichiara Raphaël Garnier, artista e designer parigino, autore di una serie di animazioni video di Atelier sul canale web del Centre Pompidou dai cui è nato un libro animato magico, un po’ gioco e un po’ pop-up, per raccontare gli aspetti fondamentali dell’arte.
La percezione delle forme, sempre accompagnata dal colore, è un tema affascinate della psicologia dello sviluppo e attrae sempre nuovi illustratori a progettare per la prima infanzia.
La strada che ci porta dalla realtà all’astrazione e viceversa, a partire dagli elementi della forma e del colore, è un terreno di sperimentazione rivolto anche ai più grandi.
L’illustratore francese Bastein Contraire strizza l’occhio ad Hans Arp e Paul Cox in Stencil Kit (appena ripubblicato da Laurence King dopo l’edizione più artigianale del Centre Pompidou) smontando l’idea dell’abecedario classico: ognuno ha il suo mondo a cui dare forma con un kit di stencil da cui partire per combinare forme e colori e arrivare a dare un nome ai soggetti creati. Ordine e disordine, geometria e arte, logica e libertà si incontrano con armonia nello spazio, in un processo inverso ad Albers e Hoban che muove dall’astrazione alla figurazione.
L’artista spagnola Regina Giménez, famosa per le composizioni astratte che richiamano il costruttivismo sovietico e il surrealismo di Mirò, traduce in un grande Atlante geo-grafico rivolto ai ragazzi la passione per la cosmologia e l’interesse per la relazione tra uomo, spazio e tempo.
«L’Universo e il pianeta in cui viviamo, la Terra, sono ricchi di curiosità e segreti stupefacenti. In queste pagine li scoprirai e troverai risposte a domande che, probabilmente, ti sei già fatto. (..) Da questo libro imparerai in modo divertente e affascinante: attraverso le forme e i colori. I pianeti e le stelle, i continenti e le isole, i fiumi e i laghi, i vulcani e gli uragani diventeranno cerchi, poligoni, linee e spirali in grado di spiegarti com’è fatto il mondo che ci circonda. Quello che hai in mano è un Atlante molto speciale, atipico: una raccolta di tavole in cui la scienza e l’arte si incontrano.»
Ispirandosi ai vecchi manuali di astronomia e geografia, il processo torna a muoversi dalla realtà all’astrazione con un grande sforzo di leggibilità per rendere l’astrazione grafico-pittorica uno strumento per la comprensione della complessità dell’universo.
Ma il movimento delle forme può prendere altre strade: l’artista coreana Na Kim lascia in mostra uno zainetto dell’asilo da cui escono colori, grandi forme astratte e oggetti tridimensionali, senza didascalie a guidare il visitatore di tutte le età.
É un viaggio personale nella memoria dell’autrice per fare esperienza della trasformazione delle prospettive nello spazio. Un’interessante esperimento che toglie le parole dall’ambiente per lasciare lo sguardo libero, mentre la narrazione – volontaria e autonoma- si trova solo dentro un libro che può accompagnare i visitatori a evocare altre immagini attraverso un testo poetico.
«Il mondo là fuori è uno zainetto.
Sono pronto ad avventurarmi
Significa che incontrerò e scoprirò il mondo da solo.
Sono pronto a incontrare tutti e tutto.
Sono pronto a scoprire il mondo intero.»
Con lo zainetto pieno di immagini di forme e colori che sono entrati dentro di noi fin dalla nostra prima infanzia possiamo muoverci verso il mondo intero.