


“Qui, so che mai mi avvicinerò abbastanza al mondo. Devo essere nudo e poi immergermi nel mare, ancora tutto odoroso delle essenze della terra, lavare queste da quello, e allacciare sulla mia pelle la stretta per la quale da tanto tempo sospirano labbra a labbra la terra e il mare. Entrato nell’acqua, il brivido, il salire di una vischiosità fredda e opaca, poi il tuffo nel ronzio delle orecchie, il naso che cola e la bocca amara – nuotare, le braccia lucide d’acqua uscite dal mare per dorarsi nel sole e ripiegate in una torsione di tutti i muscoli, l’acqua che scorre sul mio corpo, le gambe che prendono tumultuosamente possesso dell’onda – e l’assenza di orizzonte. Sulla spiaggia, cadere nella sabbia, abbandonato al mondo, rientrato nella mia pesantezza di carne e d’ossa, intontito di sole, con uno sguardo, di tanto in tanto, alle braccia ove la pelle asciugando scopre, quando l’acqua scivola via, la peluria bionda e il polverio di sale.
Qui capisco quel che chiamano gloria: il diritto di amare senza misura.”