<<Un giorno l’elefante si dondolò appeso al lampadario nel salotto dello scoiattolo. “Oh che meraviglia dondolarsi”, esclamò spingendosi con le zampe davanti contro il soffitto per darsi una spinta ancora più forte. ” Scoiattolo questo è il miglior lampadario del mondo per dondolarsi!” gridò “E’ persino meglio di quello che avevi prima” ma proprio mentre lo diceva l’elefante piombò sul tavolo con tutto il lampadario, sfondò il tavolo e finì per terra. Le tazze dalle quali avevano bevuto il tè finirono in mille pezzi. L’elefante giaceva per terra stordito, in mezzo ai resti del tavolo rotto. Lo scoiattolo si alzò e guardò fuori dalla finestra, senza dire niente. Quando si riprese, l’elefante si toccò la testa, si chiede dove fosse, vide lo scoiattolo e disse “Senti scoiattolo, tu in realtà non mi trovi antipatico vero?”. Lo scoiattolo si girò e ci pensò su un momento “No, perché?”. “Non lo so” disse l’elefante “magari potrebbe essere”. Lo scoiattolo raddrizzò una sedia, senza un bracciolo e senza una gamba e si sedette. “Ma tu, qualche volta, dici qualcosa di antipatico?” insistette l’elefante. Lo scoiattolo rimase in silenzio. “Voglio dire, non è che adesso vorresti dirmi qualcosa di antipatico?”. “Cosa per esempio?”. “Beh, per esempio che non devo più venirti a trovare e che non sono più tuo amico, perché non me ne vado una buona volta, qualcosa del genere”. “No”. “Ecco non ti capisco proprio” disse l’elefante. “Neanch’io disse lo scoiattolo”. Poi presero il tè, bevendo da un vasetto di miele vuoto, un sorso ciascuno.
“E tra un po’, quando me ne sarò andato, tu ti guarderai intorno, e neanche allora lo penserai? Domandò l’elefante. “Per forza dovrai pensare qualcosa di molto antipatico”. “E perché?”. “Ma perché si!” Strillò l’elefante, spostando con la proboscide i pezzi del tavolo e alzandosi in piedi. L’elefante se ne andò e lo scoiattolo scosse la testa. Poco dopo lo scoiattolo sentì che l’elefante era appena caduto con un gran tonfo dal grosso ramo del faggio e che ora si allontanava nel bosco con un gemito disperato. E lo scoiattolo pensò “Povero amico mio”. Perché lo scoiattolo era suo amico e non voleva pensare a niente altro.>>