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L’articolo è stato pubblicato sul numero 1 della rivista 48 dell’ottobre 2021, edita da Topipittori.
«Un uomo! Un cucciolo d’uomo. Guarda!» Proprio di fronte a lui, aggrappato ad un ramoscello basso, stava un bimbetto bruno nudo che riusciva appena a camminare: un tenero mi- nuzzolo tutto fossette quale mai era capitato la notte nella tana di un lupo. Alzò gli occhi per guardare in faccia Babbo Lupo e rise.»
Rudyard Kipling, Il libro della Giungla
Uno sguardo insolito, un incontro tra opposti, una situazione paurosa e una risata.
Quale migliore inizio per una storia? Quale migliore ambientazione della giungla per un’avventura della crescita?Dal bisogno di ‘crescere cercando’ è nato alcuni anni fa il percorso di formazione “Il libro nella giungla: incontri esperienziali per esplorare una giungla di libri, orientarsi e coltivare la propria biblioteca di testi illustrati per l’infanzia” con al centro la relazione tra le persone e i libri con le figure scelti come compagni di vita e di crescita.
Fondendo le competenze nel settore editoriale con quelle didattico-creative e mettendo a frutto le esperienze della libreria Spazio B**K di Milano con quelle arteterapeutiche dell’associazione Spazio Ars, abbiamo immaginato una giungla fittissima di libri illustrati dove indagare sul campo con educatori, genitori, insegnanti, librai, bibliotecari e appassionati cosa po- tesse significare avere il potere della scelta in uno spazio spontaneo di biodiversità editoriale.
Le letture di Gilles Clément e David George Haskell, entrambi biologi e scrittori, ci hanno ispirato a guardare alla natura e alle scienze per trovare atteggiamenti, figure e parole che ci appartenessero.
Osservando quella parte del pianeta dove più spontanea e ricca è la diversità degli esseri e la molteplicità degli incontri, abbiamo costruito uno spazio di libertà e opportunità che non esprimesse “né potere né sottomissione per favorire l’inventiva della vita” (Il manifesto del Terzo paesaggio, Quodlibet, 2016).
La giungla è diventata, in effetti, una metafora sempre più attuale: ci aiuta a nutrire la narrazione di poesia, a sollecitare le capacità percettive, la memoria, la sensibilità e l’immaginazione dei partecipanti al percorso di formazione.
«Anche Dante “Nel mezzo del cammin di nostra vita” si ritrovò per una selva oscura “ché la dritta via era smarrita”. Sai aggirarti nel groviglio di sentieri di parole senza il timore di smarrirti, di errare per imparare, sei pronto a cogliere trac- ce esotiche e primitive e a farle tue. Persa final- mente la bussola, ti saranno d’aiuto solo i tuoi sensi, terminali preziosi della più sofisticata e sensuale delle tecnologie, il tuo corpo.»
Antonio Ferrara, Da piccolino caddi in una pagina. Abbecedario letterario, Artebambini, 2011.
Una metafora a cui l’illustratrice Anna Resmini ha dato forma portandoci al cuore della ricerca: un bambino immerso nella lettura attraversa la giungla sul dorso di una gigantesca tigre. Viene da chiedersi: avrà paura, starà bene, vorrebbe uscire da lì, come ha potuto domare la creatura selvaggia che lo trasporta?
E soprattutto: cosa starà leggendo con tanta intensità e concentrazione?
Per arrivare a comprendere come scegliamo un libro illustrato e perché, abbiamo accompagnato molte persone a esplorare in libertà e autonomia questo spazio ‘lussureggiante’ di stimoli e a condividere le loro scoperte.
Per cominciare, ci siamo addentrati in un “gioco profondo”, come lo ha definito una maestra, dove in un tempo breve e in assoluto silenzio ognuno potesse muoversi attraverso una grande varietà di prodotti illustrati, disposti su un piano orizzontale in modo assolutamente paritario, casuale e caotico: centinaia di albi e libri, differenti per formati, stili, materiali, lingue, contenuti, epoche e luoghi di pubblicazione, insieme a cataloghi d’arte e di grafica, enciclopedie, fumetti, album da disegno e di fotografie.
Non temiamo mai i libri che non amiamo; le novità appena uscite si incontrano con i titoli del passato, i libri nuovi con quelli usati e con i fuori catalogo d’altri tempi, gli italiani con quelli stranieri; le autoproduzioni, i piccoli editori indipendenti e quelli più grandi e commerciali convivono in sintonia; gli autori classici della letteratura per l’infanzia come Lionni e Sendak danno la mano a libri gioco, pop-up, silent books e ogni tipo di esperimenti editoriali più particolari; i titoli ‘da autogrill’ non vengono messi al bando, ma trovano il loro posto come il gusto delle patate fritte in mezzo a una dieta varia ed equilibrata. Le mani dei partecipanti scorrono tra le pagine, toccano le copertine, raccolgono uno dopo l’altro i libri, li lasciano, li prendono, li sottraggono alla vista degli altri per proteggerli, li nascondono o li rimettono in circolo.
Per esplorare facciamo una sola richiesta: che ognuno scelga un unico ‘libro-bussola’ per uscire da questa ‘giungla di parole e immagini’.
Non abbiamo mai dato altre indicazioni, lasciando spesso le persone volutamente spaesate, ma più autonome nell’interpretare la domanda e realizzare la propria scelta, con la fiducia che qualsiasi lettore abbia già le capacità e gli strumenti per scegliere da sé e che non esista il libro più bello o più utile in assoluto, ma ogni libro possa lanciare un segnale a qualcuno, sollecitandone in modi, anche imprevisti, i sensi.
«Educare nell’esperienza, educare attraverso l’esplorazione, è credere nella potenza delle cose, credere che quello che è in esse sia interrogativo e contemporaneamente già sapiente, così da rendere loro onore permettendo di es- sere, in sé e nello sguardo di chi le incontra, ma è anche credere nell’uomo, nell’uomo bambino– in tutte le sue forme, immagini ed evoluzioni – e nell’uomo adulto, nella loro capacità di ricerca, ascolto, cura.»
Monica Guerra, Le più piccole cose. L’esplorazione come esperienza educativa, Franco Angeli, 2019.
Ci ha illuminato anche l’ascolto della TED conference della scrittrice statunitense di origine nigeriana Chimamanda Adichie, finalmente tradotto da Einaudi, dove racconta la sua esperienza di lettrice:
«Io adoravo quei libri americani e inglesi che leggevo. Colpivano la mia immaginazione. Mi aprivano nuovi mondi. Ma l’effetto non voluto è stato quello di non sapere che le persone come me potessero esistere in letteratura. Dunque, scoprire gli scrittori africani ha rappresentato questo per me: mi ha salvato dall’avere un’unica storia su che cosa sono i libri.in tutte le sue forme, immagini ed evoluzioni – e nell’uomo adulto, nella loro capacità di ricerca, ascolto, cura.»
Chimamanda Ngozi Adichie, Il pericolo di un’unica storia, Einaudi, 2020
La stessa curiosità di sapere cosa accadrebbe se potessimo sempre ascoltare storie ‘diverse’ ci spinge a promuovere e moltiplicare la ricerca nei contesti più vari (scuole di ogni grado, università, master, librerie, biblioteche, musei, associazioni e fondazioni) dove poter incontrare, a nostra volta, la più grande varietà di persone con cui condividere la scoperta di altri modi di vivere, interpretare e usare i libri.
Ogni esperienza nella giungla dei libri è diventata così il nostro “mandala di Haskell” (David G. Haskell, La foresta nascosta, Einaudi, 2014): come il biologo traccia a terra un mandala del diametro di un metro attraverso cui osservare il cambiamento dell’intera foresta nell’arco di un anno, noi abbiamo riprodotto un’immensa varietà editoriale in uno spazio circo- scritto dove la domanda di Adichie potesse prendere vita e attraverso cui guardare tutte le possibili storie “come da una piccola finestra contemplativa” [Haskell, 2014]. In questa prospettiva abbiamo cerca- to di focalizzare la ricerca sui lettori e non sulle opere in sé: facendo emergere il processo di scelta e ciò che lo anima, mettendo in luce le sensazioni, le emozioni, i pensieri e gli scambi tra persone a partire dai libri, con poche regole e grande fiducia nell’improvvisazione.
Una lettrice racconta così il suo processo di selezione fra le centinaia di testi da esplorare:
“La mia prima scelta era legata a un tema. Ho scelto Un grande giorno di niente. Poi mi sono trovata a un crocevia incontrando con lo sguardo il catalogo Cut-outs di Matisse che era così diverso da tutti gli altri da farmi riconsiderare la mia scelta e da portarmi a riguardare tutti i libri da capo. Alla fine ho scelto tutta un’altra storia”.
Le ‘vie d’uscita’ sono potenzialmente infinite e a noi ‘accompagnatori’ nel percorso di scelta resta il compi- to di studiare le piste tracciate dai lettori, sollecitare sguardi, approfondimenti e collegamenti, e, alla fine, intrecciare e valorizzare gli aspetti più significativi vissuti insieme.
A posteriori ci siamo ritrovate nelle parole di Nicoletta Gramantieri, direttrice della biblioteca Salaborsa Ragazzi di Bologna, che, riprendendo Umberto Eco, riflette su come in Italia non esista una narrazione dell’esperienza di lettura e ci si concentri più sull’analisi critica, mentre il lettore ha sempre un ruolo interpretativo chiave per far funzionare un testo:
«Un testo si distingue da altri tipi di espressione per una sua maggiore complessità. E motivo principale della sua complessità è proprio il fatto che esso è intessuto di non-detto. ‘Non-detto’ significa non manifestato in superficie, a livello di espressione: ma è appunto questo non-detto che deve venire attualizzato a livello di attualizzazione del contenuto. E a questo proposito un testo, più decisamente che ogni altro messaggio, richiede movimenti cooperativi attivi e coscienti da parte del lettore.»
U. Eco, Lector in fabula. La cooperazione interpretativa nei testi narrativi, La Nave di Teseo, 2020.
Seguendo questa prospettiva, nella teoria ma anche nella prassi, abbiamo osservato che tra le persone che accedono allo spazio dell’esplorazione si genera un vero effetto sorpresa, anche disorientante, di meraviglia.
Con questa sensazione intensa e spontanea che si è rivelata un elemento vitale del processo in ogni in- contro, insieme al fascino che le immagini degli albi portano con sé a colpo d’occhio, con tutte le coperti- ne affiancate e sovrapposte e le forme accostate che ricordano una vegetazione davvero fitta come in un quadro di Henri Rousseau, si aprono i canali della percezione e del sentire. Ci si trova in un altrove esotico e misterioso, fuori e dentro se stessi. Il senso di meraviglia in sé protegge dalla distruzione, espande le opportunità di sviluppo.
“Come ti sei sentito nella giungla?” “Meraviglioso, non volevo uscire”.
Con i lettori abbiamo dovuto chiederci cosa significasse davvero esplorare.
Nel brainstorming iniziale, ma anche durante l’attività più sensoriale di ricerca/scelta di ‘un solo libro per uscire dalla giungla’, ci siamo trovati tesi tra due poli: lettori che hanno esplorato con coraggio e slancio verso l’ignoto oppure, al contrario, con paura e bisogno di punti fermi. Rischio/Sicurezza, come in ogni cosa della vita. Un atteggiamento persino corporeo: come quello del nonno che si avventura verso il tavolo dei libri, raccoglie subito un fumetto e si siede soddisfatto in attesa, senza guardare più nemmeno una pagina per tutto il tempo successivo. Oppure quello della signora che continua a girare intorno al tavolo colmo di libri trasportando a fatica una pigna sempre più pesante, ben sapendo che dovrà abbandonare tutto. Tutto tranne uno. C’è chi invece prende e lascia senza battere ciglio, quasi con ritmo.
Quando, durante ogni incontro, ci siamo infine trovati, ormai fuori metafora, in un realistico cerchio di sedie, ciò che prima era stato un personalissimo cercare si è trasformato in una narrazione emozionante e profonda, in cui persone spesso sconosciute, senza reciproci legami di fiducia, hanno condiviso in breve tempo punti di vista sui libri, ma soprattutto racconti personali intensi e intimi.
“Ho scelto Chiedimi cosa mi piace perché vorrei che qualcuno lo chiedesse a me”.
“Ho scelto A che pensi? perché nel tempo mi ha permesso di parlare con mia figlia.
È stato un modo per incontrarsi. I libri son aiutanti che entrano nel lessico famigliare”.
“Ho scelto Asterix, lo leggevo da piccolo: sono tornato indietro di 30 anni”.
Subito è saltata all’occhio di tutti i gruppi questa trama di connessioni, sviluppate a più livelli, dove nessun libro è un ‘eroe solitario’, ma tutti cooperano per nutrire in maniera diversa persone diverse, in differenti fasi della giornata e della vita.
In una sessione de “Il libro nella giungla” ben quattordici genitori partecipanti erano di origine straniera e alcune mamme non parlavano la nostra lingua. Si aggiravano disorientate tra i libri senza capire cosa stessimo chiedendo finché i libri illustrati stessi si sono svelati come ponte di comunicazione per raccontare di sé. Liu trova nel libro Mappe il modo per raccontare, senza usare una sola parola, da quale zona della Cina proviene. Stefano, di Capo Verde, sceglie Lo straniero; Marian, Una mela al giorno, sull’alimentazione “perché lei cucina per tutti”; un papà egiziano, tra tutti i libri, raccoglie Una tigre all’ora del tè per suggerire di “imparare l’accoglienza dai bambini che aprono sempre la porta”.
Dimensione autobiografica, attrazione istintiva e misteriosa che svela la nostra natura profonda, que- stioni di utilità pratica in cui il libro diventa strumento didattico o pedagogico, affinità con l’attività onirica. Tutti buoni motivi.
“Preferivo libri senza parole perché sono dislessica” dice una donna che sceglie L’onda di Suzy Lee.
Da ogni libro nascono intrecci: a livello autobiografico si crea un legame con la memoria della propria infanzia o con la propria dimensione individuale, familiare o lavorativa; a livello relazionale i libri crea- no empatia tra i presenti, creando terreni comuni di confronto e narrazione e facendo scattare processi di identificazione o diversificazione.
Come si legge nell’introduzione-manifesto del catalogo del 2020 della casa editrice portoghese Planeta Tangerina:
«Quando abbiamo un libro tra le mani, un quinto del tempo ci aggiriamo, in conversazione con i nostri pensieri. Il libro ti fa concentrare e de- focalizzare e – mentre i nostri pensieri vanno e vengono – innesca molte conversazioni impor- tanti. Tra gli autori e i lettori, tra un lettore A e uno B, ma soprattutto tra noi e le nostre idee. Crediamo fortemente nei frutti portati da questo dialogo silenzioso, fatto di ascolto e inquietudine. E vogliamo davvero mantenere viva questa conversazione.»
Questo tessuto connettivo che si è generato a ogni incontro con i lettori ha una corrispondenza nella biologia dove esiste una visione dell’universo come sistema che si autoregola attraverso una rete inseparabile di relazioni:
«La struttura a rete è associabile a qualunque cosa noi riteniamo moderna: è il simbolo, il segno stesso della modernità.»
Fritjof Capra e Stefano Mancuso, Discorso sulle erbe, Aboca, 2021
Solo grazie a questa rete che va dai libri alle persone e viceversa, questi oggetti prendono vita ed esprimono tutte le loro potenzialità, dal libero piacere alle possibili dosi di “utilità/inutilità” e “connessione emotiva”. “Un libro può piacere, può fare ridere e persino essere incomprensibile. Un libro vince perché mi piace, non perché è utile. Non interessa, a volte, scavare perché ciò toglie la poesia dell’emozione” è il primo commento di Chiara, scegliendo Porcheria di Arthur Geisert. La giungla di libri ha trovato rispecchiamento in una giungla di lettori.
Per questo è vitale il concetto di bibliodiversità: una varietà che tutela l’immaginario e la biodiversità dell’intelligenza umana con tutti i possibili cambia- menti di gusto e interesse nel corso del tempo anche in una stessa persona.
Per lasciare l’ultima parola a una lettrice immersa in questa esperienza:
“Nella giungla dei pensieri ci si può sentire a casa. Mi sentivo quasi abbracciata dal caos totale e da lì ho cambiato direzione”.
Articolo scritto a quattro mani da Diletta Colombo e Elisa Zappa con la collaborazione creativa di Chiara Bottani e Sara Giani Tagliabue.
Per ulteriori info, richieste e proposte sul progetto di formazione “Il libro nella giungla” scrivere a info@spaziobk.com