la Repubblica, 26 marzo 2020
23 marzo
Stamattina ho appeso fuori dalla porta un foglio con su scritto: «Mi ricorderò di voi quando tutto sarà finito. Di voi che avete smantellato la sanità pubblica per finanziare centri di estetica e ora tuonate contro lo Stato perché mancano respiratori. Di voi farisei che, mentre pontificavate sulla vita, mettevate il profitto davanti alla vita stessa, e la difesa dei beni davanti a quella delle persone. Di voi, che ci avete coperto di veleni e lasciato desertificare l’Italia dei borghi; e di voi, volonterosi partigiani dell’economia del saccheggio, dello scarto e dello spreco, che avete de-localizzato in Asia e tolto lavoro alla nostra gente. E di voi, che avete coperto tutto questo, facendoci credere che il problema fossero gli immigrati, quando siete stati i primi a chiamarli per ingrassarvi il culo. E soprattutto di voi, ultra-liberisti da talk show, che avete smantellato cultura e senso del dovere, obbligandoci a gestire questa emergenza più con la polizia che con l’educazione civica. E infine di voi, che anche ora, nel momento estremo, seminate zizzania e bugie per coprire di fango chi senza clamore si spende per soccorrere gli ultimi».
Scritto d’impeto, dopo avere letto un report agghiacciante sulle responsabilità dell’ecatombe a Bergamo, epicentro dell’infezione, con centinaia di morti al giorno. Ho due figli lontani, ciascuno con un nipotino. Uno nelle Langhe in Piemonte, l’altro in Svizzera. Il primo non è mai stato così contento di vivere in campagna. «Fino a ieri gli amici mi chiedevano: “ma come fai a vivere lì senza nemmeno un cinema?” e oggi sono io che chiedo loro come fanno a vivere in città, senza la natura accanto». Michele sa che, con una creatura di quattro anni, avere del verde dove sgambare è impagabile. Ora ci sentiamo più di prima, via Skype o Whatsapp. Stasera, su un tavolo pieno di tessere di legno colorato e bandierine, eccomi in collegamento video a spiegare al piccolo, affamato di storia, come Annibale ha battuto i Romani in battaglia, arretrando. Mi guarda, affascinato. Ma il “clou” della giornata è al mattino, quando lui è ancora a letto e al nonno —che per l’occasione indossa turbante e mantello — tocca il racconto della fiaba. Storie italiane mirabilmente asciutte, raccolte da Calvino. Mostri, metamorfosi, incantesimi. Un mondo antico che non ha ancora dimenticato che a governarci sono spesso forze misteriose, complesse e sconosciute.
Paolo Rumiz